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Intervista al M° Ilya Gringolts
05 luglio 2024

Intervista al M° lya Gringolts, in occasione dell’esecuzione di Anahit. Poème lyrique dédié à Vénus di Giacinto Scelsi, il 5 luglio 2024 al concerto inaugurale della decima edizione del Chigiana International Festival & Summer Academy “Tracce”, Siena - da parte di Gianni Trovalusci (Presidente) e Alessandra Carlotta Pellegrini (Direttore Scientifico) della Fondazione Isabella Scelsi.

 

Maestro Gringolts, considerando la sua dinamica e poliedrica carriera artistica, molte sono le domande che vorremmo e potremmo porle.
Prendendo le mosse dal suo interesse e dalla sua sensibilità per gli aspetti filologici, quali secondo Lei gli aspetti più significativi delle esecuzioni basate sulla prassi interpretativa storicamente informata?

Per me il fascino di queste esecuzioni è sempre stato quello che potremmo considerare “archeologico”, dove la gioia del processo di approfondimento sarebbe per esempio confrontare le fonti del brano per capire da dove viene, cosa significa, ecc. ecc.; dall’altro lato però c’è il desiderio e la possibilità di trovare qualcosa di nuovo, un approccio sconosciuto, considerando anche che è impossibile ricostruire esattamente il suono dell’epoca... Considero Nikolaus Harnoncourt come il miglior esempio di riferimento per questo approccio: utilizza la prassi interpretativa rigorosa in prospettiva storica ma sempre per supportare le sue idee musicali estremamente originali.

Lei si dedica sia alla musica antica che alla contemporanea, oltre naturalmente al grande repertorio romantico. Quali similitudini e quali differenze trova in queste pratiche apparentemente distanti per quel che riguarda l’approccio sullo strumento e l’atteggiamento sulla prassi esecutiva?

Per me le classificazioni su questo punto sono difficili da capire, esiste solo musica buona e meno buona. Il mio interesse per la musica contemporanea è stato quasi sempre presente, visto che studiavo composizione da bambino, ovviamente tutta la musica che viene eseguita è oppure è stata nel suo tempo contemporanea. La musica antica invece, preferisco suonarla sugli strumenti d’epoca, per facilità,  funziona meglio! L’atteggiamento però è sempre lo stesso, trovare e trasmettere dei sentimenti, dei colori e delle emozioni nascosti nelle partiture, sia essa di Bach o di Lachenmann. È ovvio che all’inizio è necessario imparare certe cose tecniche - per questo ci vuole un po’ di tempo - però l’approccio finale rimane lo stesso.

Nel 2020 ha fondato, insieme con il M° Ilan Volkov, la I&I Foundation: una fondazione che ha come principale scopo quello di porre in contatto compositori, interpreti e istituzioni musicali, con l’intento di favorire nuove committenze, soprattutto nei confronti dei giovani autori, e coinvolgere sempre più il pubblico. Vuole raccontarci come nasce e quale importanza ha per lei la Fondazione nel suo impegno nella promozione e diffusione della musica del nostro tempo?

La fondazione ha fatto un lavoro importante sopratutto nel periodo del Covid, avendo generato oltre 20 pezzi di vari compositori e compositrici da tutto il mondo. Adesso l’obiettivo principale è quello di realizzare progetti più grandi - come per esempio il concerto per violino e grande orchestra “Überlala. Song of Million Paths” di Mirela Ivičević – e comunque di supportare sempre dei compositori giovani e meno conosciuti.

Che rapporto ha secondo lei il pubblico delle nuove generazioni con la musica contemporanea?

Vedo spazio per un miglioramento nel modo di dirigere le organizzazioni musicali - è necessario che cresca la percentuale della musica contemporanea nella programmazione. Quei promoter che hanno la fiducia e la determinazione di fare questo lavoro di programmazione hanno di solito un diretto e buon rapporto col pubblico - dopo un periodo iniziale di riduzione. Anzi - quei promoter che rimangono conservatori, sempre con lo stesso repertorio - hanno problemi quando si trovano ad introdurre brani nuovi che - per mancanza di esperienza - vengono a volta accolti in modo negativo da parte del pubblico.

Lei ha presentato in prima esecuzione nuove e importanti opere di Peter Maxwell Davies, Beat Furrer, Michael Jarrell, Chaya Czernowin, Mirela Ivičević e molti altri, eseguendo fra l’altro in prima assoluta - nell’ambito del Chigiana International Festival 2023 - i "Sei nuovi capricci e un saluto" di Salvatore Sciarrino. In questo contesto così ampio, in quali modi ha preso forma il processo interprete/performer - compositore - opera?

Sono fortunato di poter comunicare con i compositori prima, durante e dopo il processo della creazione del brano. È così che apprendo delle emozioni e dei pensieri che sono dietro alla musica, che poi tento di riscoprire nelle mie interpretazioni. Dipende dalla persona, come scorre questo processo: ci sono compositrici o compositori che hanno bisogno dello scambio creativo già dall’inizio, quasi “prima della nascita”, mentre per altri è più importante che avvenga dopo. L’importante è che si continui a parlare.

Giacinto Scelsi e il suo universo sonoro: è per lei un primo incontro?

Assolutamente sì, però sono sempre stato un grande ammiratore di Scelsi. Inoltre ho potuto seguire il processo del lavoro quando mia moglie (il suo nome è proprio Anahit!) stava studiando il pezzo per un concerto che purtroppo non ebbe mai luogo… Anche i Quartetti di Scelsi sono nella mia “bucket list” già da anni!

Cosa pensa della musica e del percorso di un autore così particolare, dalla fisionomia unica nella storia della musica del Novecento?

È un universo molto particolare, quasi parallelo, che è sempre consapevole del suono e della sua natura, dei suoi armonici, il fascino del suono – nel fondamento semplicissimo ma nello stesso tempo estremamente complesso.

"Anahit" è un’opera a nostro avviso lirica e forte al tempo stesso; qual è stato il suo modo di avvicinarsi a questo brano?

È un brano che celebra la bellezza, la serenità e la purezza del suono e dei suoi armonici - ma celebra anche i mostri che ci si nascondono dentro! Per questo bisogna trovare lo spettro intero dei colori, un arcobaleno pazzesco così che il pezzo si trasformi in una sorta di “out of body experience”.

Quali qualità artistiche e umane le ha richiesto di mettere in campo? Qual è stato per lei l’approccio alla tecnica violinistica richiesta per l’esecuzione?

La sfida maggiore - ma anche l’elemento che rende il pezzo (e tanti altri pezzi del Maestro) così particolare - è la scordatura. Qui non si “scordano” solamente le corde, ma anche si sostituisce la corda Re per la corda La, aggiungendo un livello ulteriore luminosità alla sonorità del brano. L’accordo di Sol maggiore quindi cambia completamente il mondo sonoro e lo spettro dello strumento in un modo imprevedibile! Anche le questioni pratiche ruotano di conseguenza intorno alla scordatura. La notazione è per me forse la cosa più impegnativa; vengono infatti scritti solo i risultati sonori, non le note che devono effettivamente essere suonate! Ci sono a volte anche cose non estremamente “violinistiche” perché ovviamente questo non è stato un obiettivo prioritario per il Maestro.

Nelle opere di Scelsi il titolo è, nelle intenzioni dell’autore, coerente all’immagine che prende forma nel pezzo, pur se, come il Maestro stesso ha affermato, «La Musica parla per sé stessa». In questo caso, cosa ha suscitato in lei il rapporto con "Anahit, Poème lyrique dédié à Vénus"?

La forza di questo pezzo - e di tutti gli altri nella musica - è contenuta nei colori sonori del suo materiale. È questo alla fine il suo messaggio, e l’impegno dell’interprete è di comunicarlo.

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